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Campomaggiore, l’utopia, la storia di una tragedia, la rinascita

Campomaggiore

La storia di Campomaggiore, nel potentino, si narra da sola attraverso quelle mura che parlano di vita, anche nell’attuale abbandono.

 

Sarà per quei suoi paesaggi così straordinariamente veri, selvaggi, quasi imperscrutabili, sarà per quella sua storia risalente a tempi molto remoti, ma la Basilicata non finisce mai di stupirci. E ci accoglie tra le sue braccia, quasi come madre disposta a narrarci il vissuto, le sofferenze, ma anche la produttività dei suoi figli.

Una scoperta continua dunque per chi, come noi, abbia sete di vivere la storia attraverso un viaggio che sembra ripercorrere il tempo. Sembra scoprirlo e voglia narrarlo.

Ed è in questa ottica che giungiamo in quello che un tempo fu un ridente paese e, accolti con estrema disponibilità dal sindaco, Nicola Blasi, ci addentriamo tra le rovine di quella che chiamano la città dell’utopia.

Campomaggiore
Scorcio dell’interno della casa baronale

Rovine che ci parlano di vita, ma anche di sofferenza e tra quelle casette, così perfettamente allineate, ritroviamo sprazzi di una vita che non cede alle calamità. La natura torna a dare i suoi frutti e percepiamo  i respiri, gli scorci di quotidianità degli abitanti di quel tempo lontano

Tra le rovine di Campomaggiore la storia si racconta da sola

Il giorno 20 Novembre del 1741 in presenza di Notar Domenico Lacertosa di Tricarico convennero da una parte in nome proprio e dei loro eredi e successori i primi abitanti di Campomaggiore- circa 80, chiarisce il sindaco- e dall’altra l’illustre D. Marianna Proto e l’Abate D. Ferdinando Rendina, tutori e curatori del minore Pasquale Rendina”

Questo si legge in un documento storico di straordinaria importanza, datato 5 Aprile 1885, redatto dal Marchese G. Cutinelli. Un documento che ci descrive , con dovizia di particolari, la nascita di questo paese, il suo fiorire, ma anche il momento doloroso della tragedia e dell’abbandono forzato.

Si convenne l’assegnazione ai coloni in demanio di ” una certa estensione di terreno per edificarvi case e piantarvi vigne, con l’obbligo di determinati oneri e prestazioni”. Fu il principio. Nasceva Campomaggiore.

Campomaggiore
Veduta delle casette

In poco tempo, secondo un piano urbanistico ben definito molti, dai paesi limitrofi, si riversarono in quell’oasi di benessere e di pace. Le cose e le condizioni di vita, nel tempo, andarono sempre più migliorando grazie alla generosità del barone Teodoro, che eliminò le capanne preesistenti, dando ai contadini la possibilità di edificare case in muratura. E il loro perfetto allineamento ancora oggi ci stupisce.

Prosperò l’agricoltura e il barone fece piantare ulivi, provenienti da Bitonto. Il terreno fertile e ben irrigato, nonché la laboriosità dei contadini, fecero il resto.

L’utopia diveniva realtà. E la vita scorreva felice in quel paese dominato da un signore illuminato.

La Natura crea, la natura distrugge

Passarono gli anni e Campomaggiore giunse a racchiudere tra le sue mura circa 1.500 abitanti fino a quel fatidico giorno che pose termine a una realtà colorata di onirico.

“ Il 9 febbraio verso mezzo giorno un lungo crepaccio, manifestatosi nei terreni sovrastanti al paese e che accerchiava quasi tutto l’abitato pose dell’allarme tutta la popolazione” cominciava l’incubo. Il Sindaco informò immediatamente la Prefettura, chiedendo soccorso.

Furono giorni di angoscia e di paura per gli abitanti che trovarono riparo in luoghi più sicuri. Passarono 25 giorni. La frana proseguì il suo desolante cammino di devastazione.

La città dell’Utopia cessò di esistere e gli abitanti ricostruirono le loro case in un’area più sicura, dove attualmente la vita scorre nel ricordo di un tempo felice.

Campomaggiore
Gli alberi, piantati di recente, che delimitano una via

Ma oggi, a fronte di una popolazione di circa 700 abitanti, ridotta da quel processo migratorio che vede i nostri giovani cercare altre condizioni di vita e di lavoro, non si spegne il desiderio di una rinascita.

E, grazie soprattutto alla laboriosità del Sindaco, avv. Nicola Blasi, e dell’amministrazione tutta quelle rovine possono essere il punto di partenza di una rinascita del territorio, soprattutto a livello turistico.

Numerosi infatti i progetti e la rivalutazione del borgo antico che ospita, già da ora, una serie di eventi di indiscutibile interesse.

E, se la storia ha una sua ciclicità, allora anche l’utopia di un nuovo ripopolamento del paese e di una sua conseguente prosperità, può divenire realtà.

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