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E oggi pomeriggio un convegno a Cisternino

Solo uno o due centimetri e quel «Se vinco io le elezioni americane, la guerra con la Russia finisce il giorno dopo» di Donald Trump sarebbe stata una promessa finita a pezzi come il suo cranio, se solo il suo indisturbato attentatore fosse stato un esperto “sniper” come quello che invece assassinò John Fitzgerald Kennedy a Dallas.

Quell’attentato narrato splendidamente anche per immagini da Stone nel suo celeberrimo “JFK – un caso ancora aperto”, ma che ha poi trovato una sua più che plausibile spiegazione in “Kennedy, Krusciov e Giovanni XXXIII: storia di una pace inaspettata”. Uscita in America nel 2013 a firma dello scrittore James W. Douglass , e frutto di ben 12 anni di ricerche anche della nota giornalista e attivista Dorothy Day, stiamo parlando della sintesi di un lungo lavoro che, mettendo bene in ordine i fatti storici e indagando in tutti gli ambienti che contano ((dal Vaticano alla CIA e anche con gli indizi raccolti da qualche “gola profonda” non solo statunitense) giunge alla conclusione che quello di John Kennedy è stato un vero e proprio «assassinio politico».

Dietro quell’esecuzione pianificata di John (1963) – per come spiegata da Douglass – e né più né meno come plausibilmente quella di suo fratello Robert Kennedy, candidato dato come vincente alla Casa Bianca nel 1968, il giustificato sospetto che siano stati fuori soprattutto per il loro dichiarato impegno per la pace nel mondo. Quanto potrebbe bastare a dare anche una chiave di lettura alla recente e tentata uccisione di Trump (dato nettamente per favorito su un uscente Joe Biden, però subito sostituito a pochi giorni dal fallito attentato) e che comunque collega le vicende di questi politici americani a quella forse ancor più clamorosa del tentato omicidio di un Papa, nel 1981, ad opera del solito “killer solitario”.

Altro comune denominatore, oltre la pace, fra le scampate o meno vittime di cui sopra, l’essere dichiaratamente cristiani e in evidenti ruoli decisionali e di potere. Non a caso Douglass, parlando anche di un Nikita Krusciov quantomeno cristiano per motivi culturali e profonde e sentite radici europee, poi definì un «miracolo a tre per la pace del mondo» quello che scongiurò un conflitto nucleare in pieno clima di guerra fredda – nonostante persino un clamoroso tentativo americano di scatenarlo disobbedendo a Kennedy! – grazie a questi tre uomini straordinari che riuscirono a gestire la pericolosissima  crisi dovuta alla tentata invasione della “Baia dei Porci” (1961) lasciandosi guidare più dal loro senso di responsabilità verso l’umanità che dalle logiche ciniche dei loro consiglieri militari.

Eventi o meno guidati da Dio, resta comunque il fatto che quel “miracolo a tre”  fu comunque il prodromo di un ancor più grande miracolo e, perfettamente nel solco aperto da Papa Giovanni XXIII, ad opera del suo successore sul soglio di Pietro: la fine definitiva della guerra fredda con la creazione di un’Europa Est – Ovest che, da effettivo ago della bilancia di tutti gli equilibri politici tra qualsivoglia blocchi si volessero contrapporre tra di loro, ha poi finito col continuare a garantire ancor più efficacemente quei 70 anni di pace di cui ha goduto l’ Europa fino a poco tempo fa.  Quel capolavoro di geopolitica, che definire miracolo non è del tutto improprio perché gestito dalla ineguagliabile diplomazia del Vaticano che ha potuto avvalersi anche dell’appoggio della politica grazie a una fede cristiana ancor viva e seguita in ogni paese del mondo.

Particolarmente illuminante, dunque, il lavoro di Douglass perché non solo finisce col chiarire il perché della scelta, nel 1978, proprio di un “Papa polacco”, Karol Wojtyla , ma è andato pure a completare, come la tessera mancante di un mosaico, un nostro personale studio (non ancora pubblicato) che, per tutt’altri percorsi, è in ogni caso arrivato alla conclusione che se l’Europa è stata a lungo in pace come mai così tanto nella sua storia, almeno fino a quel maledetto e verosimilmente provocato 24 febbraio 2022, lo deve soprattutto alla Chiesa.

Una pace, ora compromessa e che comunque ha resistito fino a due anni fa, che era il risultato della raffinatissima strategia avviata da Papa Giovanni XXIII, ma fatta sua e continuata dal Papa e Santo Giovanni Paolo II, l’artefice finale di quella «Europa che respira a due polmoni uno a Est e uno a Ovest», per come poi amò definirla Lui. E dobbiamo necessariamente fermare qui questo nostro racconto perché uno degli scopi di quest’articolo è ricordare il personaggio ombra rimasto celato dietro la figura gigantesca di Papa Wojtyla che, se ha letteralmente ridisegnato la Storia della seconda metà del ‘900, lo deve al suo collaboratore più stretto, il suo quasi clandestino “Nunzio itinerante”, poi divenuto Cardinale e primo Ambasciatore in Russia della Santa Sede, Francesco Colasuonno. Il parroco originario di una piccola cittadina della Puglia, Grumo Appula, ma scelto da subito, tra tutti i più promettenti giovani ambasciatori della Santa Sede, per la missione diplomatica più delicata e segreta del Vaticano nel disegno ambizioso di “una sola Europa dall’Atlantico agli Urali” perché unita non solo dalla stessa fede cristiana ma da una cultura comune e un passato dalle radici millenarie.

Quell’Europa Felix per tanti anni sul piano del vissuto quotidiano e persino delle relazioni internazionali (basti andare indietro più o meno di un decennio al G 8) ma che, divenuta teatro di una guerra d’altri, si trova invece adesso coinvolta in un conflitto, non solo ben lontano dai suoi valori e interessi, ma che rischia da un momento all’altro di divenire globale e nucleare. E il tutto plausibilmente per un nuovo ordine mondiale forse neppure voluto realmente dalla Politica, visto che – America docet per quello che abbiamo raccontato – neppure “la democrazia più grande del Mondo” sarebbe così libera come si vuol far credere, ma è verosimilmente gestita anch’essa da padroni neppure tanto occulti. Ed eccoci così alla catena di subalternità tutta squisitamente “democratica e occidentale” che dal più grande al più piccolo, a partire dagli Usa per poi andare all’Europa e finire al nostro Paese, sembra quasi consegnare le sorti del Mondo – nel caos totale che regna tra contrapposti interessi – più alla casualità degli eventi che a mettere in atto una strategia diplomatica che eviti il peggio.

Ma davvero possibile che l’Europa o l’Italia, in una scelta della torre alla Tolstoj tra Guerra e Pace (cioè tra Harris e Trump) debbano aspettare le elezioni americane per decidere cosa fare? E cosa aspetta ancora tutta la Chiesa cristiana, raccogliendo gli appelli di Papa Francesco, a scendere in campo con l’esercito senza armi più forte del mondo (gli oltre 12 miliardi di cristiani sparsi in ogni angolo della Terra) per fermare questo massacro senza fine?

Enrico Tedeschi

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