Principale Ambiente & Salute La giustizia e l’ex Ilva

La giustizia e l’ex Ilva

I massimi ingegni dell’Occidente, si sono cimentati nell’elaborazione dell’idea di giustizia: da Pitagora a Socrate, da Platone ad Aristotele, da Bacone a Cartesio, da Hobbes a Hume da Leibniz a Kant, da Spencer a Kelsen e ad altri maestri del pensiero. Un punto era fermo da almeno due millenni, la giustizia è“ dare a ognuno quello che gli spetta”. Affermazione che esplicitata è una petizione di principio: che cosa è la giustizia ? E’ dare a ognuno quello che gli spetta. E cosa spetta a ognuno ? La Giustizia.

Questo sforzo speculativo in più di duemila anni non ha evitato un solo errore giudiziario, non ha abbreviato un solo processo, non ha impedito alcuna nefandezza. La giustizia ha sempre avuto il volto del potere di turno!

Accertare i fatti è sempre problematico, in molti casi impossibile e il giudice ha un unico strumento per risolvere senza incertezze le questioni, il potente strumento chiamato“ principio dell’onere della prova”.

Chi afferma qualcosa in un processo deve darne dimostrazione, altrimenti quella cosa non esiste. IL giudice non è tenuto, a cercare la verità dei fatti ma semplicemente a stabilire il valore delle prove, a dire se sono o non sono convincenti.

Le decisioni del giudice, su questioni di diritto connesse a fatti, accadimenti sono politiche che non vuol dire arbitrarie, capricciose, cervellotiche, casuali ma semplicemente sensate, meditate, prudenti, ragionevoli.

Questi interrogativi sono maturati nella mia mente a seguito dell’annullamento del processo“ Ambiente svenduto”, che riguardava le emissioni di inquinanti dell’Ilva di Taranto.

Un pronunciamento  che ha cancellato 270 anni di carcere, i sequestri delle tre società dei Riva (Ilva S.p.A., Riva fire e Riva Forni Elettrici), l’intera inchiesta della procura e l’accusa di disastro ambientale, per 26 soggetti con ruolo dirigente nella fabbrica. Tutto da rifare a Potenza dopo 10 anni di indagini, dibattiti, sentenze !

La motivazione che segna a nostro avviso uno straordinario unicum giudiziario: “ i Giudici che hanno emesso la sentenza di primo grado (.) sono vittime dello stesso reato, chiamati a giudicare (.) vivendo nei quartieri delle parti lese“.

E lo strumento di dirimente e oggettivo di vaglio della fondatezza e oggettività delle prove? Nulla! In undici anni, con motivazioni varie il diritto costituzionale alla salute è stato fatto, a pezzi dal potere politico.

Sentenza Consulta 2013, introduce un“ un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare alla salute (art. 32 Cost.), da cui deriva il diritto all’ambiente salubre, e al lavoro (art. 4 Cost.), da cui deriva l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali e il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso “ Sentenza Consulta 2 anni dopo “ il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (artt. 4 e 35 Cost.)  (…) IL sacrificio di tali fondamentali valori tutelati dalla Costituzione porta a ritenere che la normativa impugnata non rispetti i limiti che la Costituzione impone all’attività d’impresa la quale, ai sensi dell’art. 41 Cost., si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. (.)  Questa Corte ha del resto già avuto occasione di affermare che l’art. 41 Cost. deve essere interpretato nel senso che esso “ limita espressamente la tutela dell’iniziativa economica privata quando questa ponga in pericolo la ‘sicurezza’ del lavoratore” (sentenza n. 405 del 1999)”.

A questi pronunciamenti della Consulta si aggiungono cinque condanne della Corte Europea per i Diritti Umani e infine la Corte di Giustizia dell’Unione europea sul mancato rispetto delle direttive sulle emissioni industriali.

Ilva ha prodotto il 90% della diossina italiana, diossina nel latte materno, nelle cozze, mercurio, benzoapirene, polveri sottili e ultrasottili, policlorobifenile. Composti certificati dallo IARC di Lione come cancerogeni certi !

Inquinanti certificati da ISPRA, ARPAP, Rapporti Annuali SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento).

Ennesimo riscontro della crisi della giustizia che ha raggiunto soglie catastrofiche. IL diritto come strumento di potere che può giungere, a trasformare un delitto in diritto e il diritto delle società democratiche e pluraliste che lo raffigurano come modo di organizzare una vita comune. IL rischio di questa incredibile vicenda è l’impunita da prescrizione, per reati come gli omicidi colposi e la concussione.

La vicenda Ilva segna la bancarotta della politica e di un apparato giudiziario che continua a girare a vuoto.

La domanda più radicale tra tante è come può un paese moderno sopravvivere senza un pezzo del suo sistema nervoso centrale quale è l’amministrazione della giustizia ?

Attendiamo il 24 ottobre il pronunciamento del Tribunale di Milano sulla“ sospensione dell’attività dell’ex Ilva, se verificato il pericolo grave per l’ambiente e la salute umana” come da pronunciamento e delega al Tribunale di Milano da parte della Corte di Giustizia europea.

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