Principale Politica Diritti & Lavoro La querela politica temeraria sospende i diritti costituzionali della persona

La querela politica temeraria sospende i diritti costituzionali della persona

di Matteo Pio Impagnatiello e Matteo Notarangelo 

Nelle città della Terra nostra sono molti i cittadini vittime della querela politica temeraria.

La querela politica temeraria è l’arma silenziosa di chi governa e viene pianificata per soffocare il dissenso dei cittadini, incutendo timore.

Oggi i querelanti politici  si affidano ai tribunali della Repubblica. Le vittime sono studiate, individuate e isolate: sono colui o colei che partecipa alla vita civile per conservare l’ultimo granello di umanità.  

I politici della querela individuano i cittadini più noti, colgono un qualsiasi pretesto, idea espressa sui social o tra la gente, e costruiscono il reato per la querela politica temeraria.

Quanto accade in questo tempo non è un controllo sociopolitico sofisticato, bensì antico, già raccontato da George Orwell.

Il loro braccio non è più la psico-polizia, che interviene al minimo sospetto, ma una inventata, costruita “querela politica temeraria” per diffamazione.

Ci sono “città invisibili” in cui ad essere querelati sono consiglieri comunali, giornalisti, direttori di testate giornalistiche, donne e uomini onesti, che esercitano la loro cittadinanza attiva.

Di solito, accade che nei tribunali la querela politica temeraria non produce gli  effetti giudiziari auspicati dai querelanti politici e, quasi sempre, viene archiviata. Ma resta il danno psicologico, subito dal querelato, che si trascina per molti anni.

Qualora l’atto intimidatorio dovesse essere fermato dai magistrati nei tribunali, nella città e nelle famiglie della vittima dei querelanti politici nessuno potrebbe fermare il disastro familiare, sociale ed economico dei querelati.

Anche se la  pratica repressiva – un tempo esercitata manu militari – sembra mutata, l’azione intimidatoria e repressiva, più silenziosa e violenta, resta con tutti i suoi disastri psicologici e graffi incostituzionali.

Gli effetti prodotti dalla querela politica  temeraria sono devastanti: colpiscono alcuni cittadini per intimorire tanti altri, annichilire la città politica e imporre il controllo sociale. 

Tanto accade anche nelle province marginali del sud Italia. Il 12 agosto 2023 un’associazione politica pubblicava un articolo con cui denunciava che la Città era malata di “querelite”.

Scriveva che non era mai accaduto nei 70 anni della vita democratica locale (dal 1946 al 2016) ciò che si era verificato negli ultimi 6 anni (dal 2017 al 2023). Il contesto politico-amministrativo locale si era gravemente ammalato di “querelite politica”.

L’associazione politica denunciava che un soggetto, strenuo difensore dell’Amministrazione comunale, aveva querelato due consiglieri comunali di opposizione, un segretario di partito e parecchi altri  concittadini.

Un altro soggetto querelava un consigliere comunale di opposizione. Il sindaco  querelava un cittadino che aveva denunciato di essere stato discriminato durante la procedura di assunzione di alcuni operatori ecologici.  L’Associazione scriveva, inoltre, che “la “querelite politica” era un cancro della democrazia civica, mirava a spegnere il pensiero critico, puntava a trasformare i cittadini in sudditi e sospendeva i diritti costituzionali, la libertà di opinione e la dialettica democratica.

Di fronte alla “querelite politica” – concludeva l’Associazione – la Magistratura non poteva rimanere ferma. Il silenzio della Magistratura disincentivava la collaborazione dei cittadini nella lotta all’illegalità e alla criminalità.

Questi racconti non possono lasciare la singola persona  indifferente, soprattutto se avvengono in una “terra di mafia”.

Il silenzio della pratica della “querela politica temeraria” inquina la vita civile di ogni città, distrugge la solidarietà meccanica e organica delle comunità e annienta la credibilità delle istituzioni democratiche .

Chi ne fa un’arma politica, per soffocare il legittimo dissenso democratico, cerca di imporre un potere di altri tempi, prendendosi gioco della stessa Magistratura, la quale persegue, ignara, il cittadino  querelato.

Con disinvoltura, il querelante politico continua ad impaurire, intimorire, terrorizzare l’attento  cittadino della comunità, prendendosi gioco del diritto scritto.

L’indifferenza della gente diventa un’alleata della forza della “querela politica temeraria”, trascurando che, qualora dovesse prevalere “l’azione temeraria” dell’inferiorizzazione  di qualunque persona, singola o associata, crollerebbe tutta l’architettura costituzionale.

Erving Goffman descrive  come si costruisce lo stigma e l’identità sociale del cittadino “avversario” querelato screditabile per renderlo avversario screditato. Nelle “città invisibili”, la querela politica temeraria ha questo fine.

Saper leggere lo spirito della querela politica temeraria è il modo per arginare chiunque voglia fare della legge repubblicana un suo sgabello.

In questo scenario esistenziale, fa riflettere quanto dichiara in una intervista un Procuratore della Repubblica: “ Noi non siamo solo fisicamente lontani dalla gente, ma la gente ci percepisce in questo modo. Chiediamo collaborazione, denunce, testimonianze, ma siamo lontani. I cittadini sentono la bomba che esplode sotto casa, sentono i vetri delle loro finestre che tremano, ma la procura e il tribunale sono distanti.”

A quanto pare, nelle “città invisibili”, dove impera la pratica della querela politica temeraria,  c’è l’urgenza di riconsiderare i rapporti tra potere, magistratura e società civile.

In questo lavoro collettivo bisogna considerare chi sono i querelanti e chi sono i querelati e conoscere la storia di ognuno di loro, se non si vuole finire di sfilacciare la debolissima rete sociale delle “città invisibili” , già raccontate  da Italo Calvino.

A tal proposito, è utile la lettura del libro di Michele Cascavilla “Il socialismo giuridico italiano”.  Qual è l’accusa degli “industriali” della querela politica temeraria? 

La presunta diffamazione. Diffama, soprattutto, chi richiama l’osservanza delle leggi dello Stato e chi diffonde i testi delle circolari regionali.

Diffama il cittadino, diffama il consigliere comunale di minoranza, diffama il giornalista corrispondente, diffama il direttore del giornale, diffama il coordinatore di un’associazione di diversamente abili.

Diffamano tutti, tranne chi esercita il “Potere” politico e i loro amici.

Se la querela politica temeraria è il segreto del “controllo sociale”  dei cittadini, la Magistratura va aiutata, affinché  riconosca il persecutore e il perseguitato.

La spregiudicatezza dell’agitare la querela politica temeraria, mezzo per soffocare i diritti fondamentali della persona, va indagata, in modo da poter restituire alle “città invisibili”  il vivere associato libero, chiaro, sereno, democratico.

Silenziare, impaurire, minacciare e ricattare il cittadino indifeso con una querela politica temeraria è, ormai, – abbiamo scritto – un’antica pratica politica orwelliana, che  rende buia la città, rompe la credibilità delle istituzioni repubblicane e allontana ogni onesto cittadino dalla vita politica, culturale e civile. È così che i nemici delle società civili creano il “deserto sociale e giudiziario” e rompono il “sacro” patto sociale giusnaturalista.
Non è difficile capire che  chi gestisce il bilancio comunale, i beni e i servizi municipali non ha difficoltà a spendere pochi soldi per pagare una querela politica temeraria  contro  un cittadino fragile, che osa parlare per difendere la legalità nella sua Comunità.

Molte donne e molti uomini chiedono che la luce della civiltà giuridica ritorni ad illuminare le loro “città invisibili”,  oscurate da pretestuose e pianificate querele politiche temerarie.

In questa battaglia di civiltà, certo, la Magistratura non sostiene le “crociate” e le “guerre sante” dei “padroni” delle “città invisibili”, che, in modo subdolo, vogliono fare dei democratici e repubblicani tribunali di oggi i loro “tribunali d’inquisizione”, ispirandosi ai passati  secoli.

La difesa  della loro “fede politica” e del loro medioevo politico non può prevalere sulla vita quotidiana della gente onesta.

La querela politica non può essere l’arma per intimidire e terrorizzare la gente libera, procurando del male a chi cerca di dare il suo disinteressato contributo nella costruzione della “città aperta, nonviolenta e democratica”.

Come scrive Pascal, “sembra proprio che l’uomo non sia mai tanto capace di fare del male come quanto lo commette in nome di una fede religiosa (o politica)”. Eppure, accade.
La violenza di chi ha il potere nelle “città invisibili”, provoca il silenzio di chi non ha potere. In quelle città, il silenzio  non è complicità, spesso è paura di essere trascinato in un processo kafkiano, dove anche la Magistratura diventa oggetto e non soggetto di vera giustizia.

La paura dei ricchi e dei potenti querelanti delle “città invisibili”, forse protetti da una rete di conoscenze, non favorisce il rispetto della legge, bensì la nega e induce  il “querelato” a rinunciare alla propria difesa e ad un “ritiro autistico” dalla vita sociale.

Da qui emerge la sfiducia del debole cittadino, “querelato” per “aver pensato”,  per “aver fatto riferimento” o per  altre ridicole banalità infondate. E’ questa la prassi che  trascina il semplice cittadino  nel labirinto giudiziario. Con una simile  furbata “legale” inizia la “carriera morale” del presunto “imputato”.

Il cittadino-vittima lentamente passa da cittadino screditabile a cittadino screditato e inizia a vivere la tragedia della persecuzione politica e giudiziaria.

Nei tribunali, il cittadino onesto diventa “la vittima sacrificale” di querelanti, che si prendono gioco dello Stato.

Questo carico emotivo doloroso viene messo sulle spalle del fragile cittadino. Un fardello pesante che deve sopportare, fronteggiando l’antica persecuzione  della querela politica temeraria, accolta dai tribunali con normalità, riserve e freddezza.

In questi momenti, nelle “città invisibili” si frantuma “il patto sociale” , viene meno la fiducia e si è soli con i tanti dubbi cartesiani.

Ognuno comprende che la criminalità, prima di essere sconfitta nei vari teatri mondiali, bisogna sconfiggerla nella mente dei cittadini, bloccando l’evolversi e il contagio della “pedagogia nera” della criminalità, che alberga in ogni cittadino offeso, indebolito e prigioniero delle sue difficoltà quotidiane.

Ogni buon cittadino sa che la sfiducia nella Magistratura è un ulteriore danno alle libertà. Aprire una riflessione socio-politica del diritto comune, di quel diritto che sorge dalla vita quotidiana, permette  di svelare i misteri della dinamica della querela politica temeraria e gli effetti di arretramento sociale e giuridico che provoca nelle indifese comunità.
La criminalità non è solo quella operativa, ma anche quella culturale, che colonizza la mente di ogni cittadino fragile, soprattutto nelle “città invisibili”, che santificano l’illecito con tanti raggiri.

Collodi, con il suo Pinocchio, mette in guardia l’Umanità. L’azione criminale nelle “città invisibili” si consuma ogni giorno.

Nelle tante città c’è gente che continua a raccontare la farsa giullaresca della querela politica temeraria ai suoi protagonisti, ai suoi eroi e ai suoi anti eroi.

Quella gente semplice, onesta, che costruisce le città sociali, non violente e solidali, svela chi sono gli eroi di questo tempo. Gli eroi sono i cittadini querelati e i magistrati, mentre gli anti eroi sono gli uomini e le donne che siedono nei banchi delle “città invisibili” e controllano la vita economica e quella sociale della gente.

Gli alleati di costoro, certo, sono coloro che amano il silenzio sociale, per paura, per rassegnazione, per convenienza, ma anche chi “gira la testa” per non vedere.
E lo Stato?

La nobile ed ineliminabile istituzione giuridica se non presta attenzione a questi “meccanismi di potere” potrebbe diventare il “braccio pesante” di questa gente, che ride della Legge e della Giustizia .

Nello scenario descritto, dove imperano gli accordi di potere, se dovesse prevalere la filosofia politica della querela politica temeraria, potrebbe crollare l’amata civiltà giuridica, la credibilità degli uomini della Giustizia e l’agire dell’onesto cittadino: crollerebbe lo Stato di diritto.

Per non cedere la civiltà giuridica all’anti-stato, ogni buon cittadino dovrebbe sapere che  c’è un’anatomia e una fisiologia della querela politica temeraria degli amministratori degli enti locali: non lasciamo che quella gente usi i tribunali per incutere timore, silenziare le città e prendersi gioco di noi.

 

 

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