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Giù le mani dall’infanzia

foto garante dell'infanzia

Editoriale

La proposta per l’introduzione dell’ “educazione” gender nelle scuole per i bambini dai 5 ai 14 anni è la cosa più buffa udita ultimamente.

E magari fosse solo buffa, piuttosto è semplicemente inaccettabile.

E’ infatti ridicolo andare a parlare ai bimbi di 5 anni, che si trovano quindi  in una fase di totale costruzione di sé, delle svariate possibilità di scelta del proprio genere sessuale; mentre può avere senso l’antica domanda su cosa vogliono fare da grandi, ci si chiede che senso può avere confondergli le idee sul proprio orientamento sessuale prima ancora che l’organismo sia completamente formato. Una modalità che potrebbe comportare l’insorgere di qualche stato d’ansia nei più fragili, per esempio, prospettandogli una scelta difficilissima senza averne gli strumenti  e creandogli quindi una serie di questioni problematiche derivanti da scomode domande che vengono invitati a porre a sé stessi mentre di sé stessi sanno ancora così poco.

Quanto all’adolescenza, è vero che l’insorgenza è molto anticipata rispetto al passato e che sono sempre più frequenti, per esempio, casi di bambine normali col menarca a 9 anni; ma rimane comunque il fatto che si tratti di un’età le cui caratteristiche sono i cambiamenti ancora velocissimi, le incertezze sul proprio modo di essere, i dubbi sull’identità personale e sociale, l’ansia per il feedback che si potrà ottenere dagli altri e via dicendo. Siamo allora proprio sicuri che sia il caso di mettere in campo una scelta delicata come quella del genere sessuale in queste fasi già di per sé così complesse, difficili, cariche di aspettative sul futuro e quindi in qualche misura ansiogene? Non sarebbe più appropriato rimandare certe riflessioni intime all’età adulta?

Personalmente ritengo che si stia attraversando una fase “barocca”: nell’arte barocca infatti l’importante era suscitare stupore, bisognava stupire per creare una rottura col passato.

Rompere col passato va bene, però attenzione a non cadere dalla padella nella brace.

L’accusa di moralismo passatista non regge: il buon senso alla fine la vince, in genere.

In questo periodo se ne sentono di tutti i colori, non è facile orientarsi.

C’è chi dice che la plutocrazia ci sta riportando al feudalesimo, e la tecnocrazia fa prevalere lo spirito dello sviluppo su quello dell’anima ponendo l’Uomo al di sopra della Natura: in tal caso verrebbe certamente punito come nel mito di Promèteo.

Ma una cosa è certa: chi ha detto che l’Uomo ha imparato a padroneggiare la Natura ma non sé stesso, aveva capito una cosa fondamentale.

SandraMassaiFallaci©

foto Garante dell’infanzia

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