Si potrebbe affermare che leggendo questo trattato scritto da un teologo, non sarete affatto portati a riflessioni molto rigorose e compassate.
L’Elogio della Follia è, come lo ammette lo stesso autore nella presentazione che scrive a mo’ di amichevole lettera a un amico, un elogio scherzoso della follia.
Quindi una lettura divertente e intrigante, che ha fatto di questo testo un capolavoro della letteratura, anche religiosa, di un autore che ha diffuso un cristianesimo umanistico prodromo del protestantesimo. Non certo per sua volontà.
Il testo, scritto nel 1509, è la sua opera più nota: una satira della teologia scolastica, dell’immoralità del clero ed elogio della follia del vero cristiano che impronta la sua vita alla fede.
L’autore nasce non si sa se nel 1466 o nel 1469, a Rotterdam la seconda città olandese; del tutto non importante quale fosse il suo vero nome di nascita perché aveva assunto lo pseudonimo conventuale di Desiderius Erasmus è come tale conosciuto e ricordato.
La sua polemica contro alcuni aspetti della vita della Chiesa cattolica non nacque da dubbi sulla dottrina tradizionale né da ostilità verso l’organizzazione in sé della Chiesa, ma, piuttosto, da un’esigenza di purificare la dottrina stessa e di salvaguardare le istituzioni del Cristianesimo dai pericoli che le minacciavano, quali la corruzione, l’interesse di pontefici guerrieri come papa Giulio II all’ampliamento dello Stato della Chiesa, la vendita delle indulgenze, il culto smodato delle reliquie.
Ma non abbandonò la chiesa cattolica. Anzi, rifiuto l’invito di Martin Lutero, consapevole che se avesse seguito tale invito, avrebbe messo in pericolo la propria posizione di guida di un movimento puramente intellettuale, che riteneva essere lo scopo della propria vita. Soltanto da una posizione neutrale – riteneva Erasmo – si poteva influenzare la riforma della religione.
Ecco come motiva il tema: “Vorrei però che quanti si sentono offesi dalla scherzosa levità del mio tema, si rendessero conto che non sono l’inventore del genere, e che già nel passato molti grandi autori hanno fatto lo stesso. Tanti secoli fa, Omero cantò per scherzo “la guerra dei topi con le rane”, Virgilio la zanzara e la focaccia, Ovidio la noce.Policrate incorrendo nelle critiche di Ippocrate fece l’elogio di Busiride, Glaucone quello dell’ingiustizia, Favorino di Tersite, della febbre quartana, Sinesio della calvizie, Luciano della mosca e dell’arte del parassita. Sono scherzi l’apoteosi di Claudio scritta da Seneca, il dialogo fra Grillo e Ulisse di Plutarco, l’asino di Luciano e diApuleio, e il testamento – di cui ignoro l’autore – del porcello Grunnio Corocotta menzionato anche da san Girolamo.”
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