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Giovanni Verga – Eva

Questo è un racconto lungo pubblicato dal nostro autore nel 1873.

Parla della vita frivola e mondana di Firenze che vede come protagonista una femme fatale che gira fra corteggiamenti di uomini pieni di risorse. Oggi sarebbe una escort,

E come tutte le storie che si complicano entra in scena un giovane artista che, ovviamente, se ne innamora perdutamente

Qui la storia prende una piega passionale, l’escort capitola, abbandona la carriera dei lustrini e delle regalie che le davano lusso e si da completamente al giovane.

Qui si ribalta la storia è la donna che cambia per amore scegliendo la miseria e le privazioni. Qui si vede anche il mutare delle situazioni che cambia la percezione delle persone.

Il giovane che aveva creduto di incontrare la bellezza suprema, si trova a contatto con la volgarità del quotidiano. Lo scontro parte da qui.

Il testo è narrato in prima persona, il protagonista Enrico che parla:

“Eccovi una narrazione – sogno o storia poco importa – ma vera, com’è stata e come potrebbe essere, senza retorica e senza ipocrisie.

Voi ci troverete qualcosa di voi, che vi appartiene, che è frutto delle vostre passioni, e se sentite di dover chiudere il libro allorché si avvicina vostra figlia, voi che non osate scoprirvi il seno dinanzi a lei se non alla presenza di duemila spettatori e alla luce del gas, o voi che, pur lacerando i guanti nell’applaudire le ballerine, avete il buon senso di supporre che ella non scorga scintillare l’ardore dei vostri desideri nelle lenti del vostro occhialetto, tanto meglio per voi, che rispettate ancora qualche cosa……..

Avevo incontrato due volte quella donna, non era più bella di tutte le altre, né più elegante, ma non somigliava a nessun’altra.

Nei suoi occhi c’erano sguardi affascinanti, come il corruscare di un’esistenza procellosa che era piena di attrattive.

Tutti gli abissi hanno funeste attrazioni, e quelle voragini che ingoiano la giovinezza, il cuore, l’onore, si maledicono facilmente, ahimè! quando arriva la filosofia dei capelli bianchi.

Era bionda, delicata, alquanto pallida, di quel pallore diafano che lascia scorgere le vene sulle tempie e ai lati del mento come sfumature azzurrine; aveva gli occhi cerulei, grandi, a volte limpidi, quando non saettavano uno di quegli sguardi che riempiono le notti di acri sogni; aveva un sorriso che non si poteva definire – sorriso di vergine in cui lampeggiava l’immagine di un bacio….

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