Gli antichi Romani veneravano gli Dei domestici (Penati e Lari) – oltre alle divinità pubbliche – ed era un segno di rispetto nei confronti degli anziani e dei loro defunti, la continuità familiare e la tradizione della “famiglia”: i Lari proteggevano, perciò i luoghi abitati dagli uomini e gli uomini stessi, mentre i Penati erano caratterizzanti proprio la specifica famiglia.
I Penati: originariamente designano gli spiriti protettori della riserva di cibo della famiglia, ovvero il ripostiglio della casa; poi, per estensione, hanno assunto il ruolo di protettori della famiglia (…) Per Cicerone il nome deriva dal latino penas, “tutto quello di cui gli uomini si nutrono”, oppure dal fatto che i Penati risiedevano nel penitus, la parte più interna della casa, dove si conservava il cibo. Essi, quindi, sono gli spiriti tutelari dei viveri di riserva della famiglia (perciò Dion. Alic., I, 67, li traduce con κτήσιοι “protettori della ricchezza”), poi di quel punto o ambiente della casa dove sono conservate le provviste (Gell., IV, 1, 17). Finché la vita romana si svolse nella capanna o nell’umile abitazione, i Penati furono venerati insieme con Vesta e con i Lari; e anche quando l’architettura civile si sviluppò, l’atrio (compluvium) restò sempre collegato ai Penati, perfino nella casa di Augusto (“compluvium deorum Penatium” Suet., Aug., 89), come ad essi rimase sempre in modo particolare dedicata la cucina (“singula enim domus sacrata sunt dis, ut culina Penatibus”, Serv., Ad Aen., II, 469).
I Lari erano gli dei della famiglia, gli anziani defunti, coloro i quali proteggevano il focolare: Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares, che rappresentavano gli antenati. L’antenato veniva raffigurato con una statuetta di terracotta, legno o cera, chiamata sigillum (da signum, “segno”, “effigie”, “immagine”). All’interno della domus, tali statuette venivano collocate nella nicchia di un’apposita edicola detta larario e, in particolari occasioni o ricorrenze, onorate con l’accensione di una fiammella. Ogni avvenimento importante era messo sotto la protezione dei Lari con sacrifici e offerte: per esempio il raggiungimento dell’età adulta, la partenza per un viaggio oppure il ritorno di qualcuno, il matrimonio, le nascite. (web)
I Giorni dei Morti (Los dias de los muertos) nella cultura messicana (ed in parte anche di altri Paesi centro e sud americani) sono giorni di festa; per gli Americani è la notte di Halloweeen, mentre per i Latinos diventa la notte in cui i vivi incontrano nuovamente le anime dei loro avi, pasteggiano insieme in una sorta di continuità familiare dove i più giovani incontrano le anime dei propri familiari, magari che non hanno conosciuto.
Vi è una diversità ontologica fra le due evidenze: da una parte gli Statunitensi vivono una notte di (finti) orrori, fantasmi e paure; dall’altra i Messicani vivono un “incontro” con gli antenati nel solco della tradizione familiare, senza il senso della paura dell’aldilà.
Questa tradizione, quindi, parrebbe riallacciarsi – in una commistione fra sacro e profano – non solo ai riti precolombiani, ma (anche) alla cultura romana che ha permeato i Paesi di lingua spagnola in Europa durante l’Impero Romano. Ed anche nel Sud Italia la cultura degli avi ha un aggancio con lo slang della popolazione: al contrario di molti Italiani del Nord che nelle situazioni più disparate imprecano i Santi e le Madonne, al Sud è più frequente offendere gli avi altrui, proprio perché ferita più profonda e toccante: i …acci tua di romanesca memoria, sono diffusissimi e provocano la reazione della persona offesa, ben più di apostrofarlo come “bue”.
Il sussiego verso i propri defunti, specie al Sud Italia, si estrinseca in varie forme: dai funerali talvolta carnascialeschi, alle tombe lussuose, ai veri e propri riti di antica memoria, come la presenza delle prefiche ( Nell’antica Roma, donna pagata per far parte di cortei funebri e intonare canti di elogio del defunto, accompagnati da grida di dolore, pianti, gesti di disperazione; con lo stesso nome (o con altre denominazioni regionali, per es. piagnone) si indicano le donne che soprattutto nel passato, e ancora oggi in alcune zone dell’Italia meridionale., accompagnano i funerali con grida e manifestazioni di dolore – cit Treccani).
Il filo conduttore tra morte e vita lo ritroviamo nell’Eneide (riprendendo il pensiero di Antonio Scurati): la figura di Enea che trasporta il padre Anchise sulle spalle e tiene per mano il figlio Ascanio nella fuga da Troia (immagine ripresa nella scultura classica e sino al Bernini) rappresenta il presente che porta sulle spalle il passato e tiene per mano il futuro, ma le statuette di ceramica che rappresentano gli avi non può tenerle in mano Enea.
E’ Anchise che porta con sé i valori e la tradizione familiare portando via da Troia i Penati, perché Enea ha ancora le mani insanguinate dalla lotta contro i Greci: Ma non c’è soltanto un patto generazionale nel mito virgiliano come quello, ad esempio, in atto nel nostro sistema pensionistico o, come sostiene Scurati, nel fare debito oggi per creare le condizioni di sviluppo e di benessere per le prossime generazioni (da cui il nome di Next Generation EU dato ai fondi europei). La figura di Enea rappresenta un duplice modello di virtù che corrisponde al doppio significato della parola “pietas”: l’eroe troiano esprime al meglio sia la pietà verso gli uomini e nello specifico verso i genitori (per questo porta in salvo il padre); sia la devozione religiosa, che Cicerone spiega così: “est enim pietas iustitia adversus deos” (la pietà è il giusto culto per gli dei). Enea che guida il suo popolo verso una nuova terra e una ri-fondazione della città, non compie solo un atto umanitario e/o politico; ma porta a termine una vera e propria missione religiosa in quanto affidatagli dal Fato, per la quale non esita a rinunciare all’amore di Didone, e della quale i Penati sono insieme testimoni e custodi (R.Riviello).
Se la nostra società ha perso la bussola dell’etica sociale è anche perché è venuta meno la morale personale e familiare, i valori sono stati azzerati da una permissività ingiustificata, i rapporti si sono digitalizzati. La modernità non significa necessariamente la rottamazione di ciò che è venuto prima, ma la conservazione di ciò che ci è stato trasmesso, compreso il rispetto della Terra in cui viviamo, sconquassata da fenomeni climatici che non hanno riscontro con quanto registrato sino ad ora.
In questa ricorrenza del 2 Novembre, dove il calendario religioso celebra la commemorazione dei Defunti, persino la tradizione più antica ha subito una trasformazione commerciale dove la pietas è stata trasformata in un mercato di fiori e lumini, di varie fogge e grandezza. Ma se si spezza la catena virtuosa dei Penati, come possiamo pensare di educare i nostri figli ad avere rispetto degli anziani e dei defunti?
E’ ora di fermarsi e rivalutare la nostra Storia, perché si possa continuare a sperare nel futuro: Anchise non è morto ed Ascanio è ancora giovane.
Rocco Suma
foto www.santantonio.org