Anonimo – Mastro Titta, il boia di Roma: Memorie di un carnefice scritte da lui stesso…Libro per chi ama il triller o la cronaca nera?
Si scherza, un libro di e su un personaggio che fa parte della storia di Roma deve far riflettere su come era organizzato il mondo di allora, dove si faceva giustizia, più che dispensarne.
Si pensa a un anonimo che abbia raccolto gli appunti, una sorta di libro di memorie spicciole, a cavallo della fine del Settecento e Ottocento, raccolte per sessanta anni, la cronaca del boia di Roma, al soldo dello Stato Pontificio.
C’è l’assassino di preti, c’è il nerboruto che uccide il carceriere e la moglie, c’è l’omicidio familiare di interesse, e soprattutto c’è lui il boia che racconta da sé la sua esperienza “professionale” che comincia a diciassette anni.
Un viaggio un po’ tetro nella cronaca nera e nella giustizia, a volte sommaria, di quel periodo storico.
Una descrizione degli eventi posti in fila come se fossere riportati in una sorta di diario di bordo, con spostamenti nelle varie cittadine dello Stato, con cerimoniali talvolta in presenza di alti prelati, altre più discrete esecuzioni sempre di malavitosi efferati.
Il boia è comunque un personaggio storico, tale Mastro Titta che fu er Boja de Roma” .
La sua carriera di incaricato delle esecuzioni delle condanne a morte iniziò il 22 marzo 1796: fino al 1864 raggiunse la quota di 516 tra suppliziati e giustiziati. Un personaggio che appartiene alla storia di Roma.
“Nei lunghi periodi di inattività, svolgeva il mestiere di venditore di ombrelli, sempre a Roma. Il boia viveva nella cinta vaticana, sulla riva destra del Tevere, nel rione Borgo, al numero civico due di via del Campanile.
Riporta Wikipedia: egli era naturalmente mal visto dai suoi concittadini, tanto che gli era vietato, per prudenza, recarsi nel centro della città, dall’altro lato del Tevere (donde il proverbio “Boia nun passa Ponte”, a significare “ciascuno se ne stia nel suo ambiente”).
Ma siccome a Roma le esecuzioni capitali pubbliche decretate dal papa-re, soprattutto quelle “esemplari” per il popolo, non avvenivano nel borgo papalino, ma sull’altra sponda del Tevere – a Piazza del Popolo o a Campo de’ Fiori o nella piazza del Velabro (dove Monicelli ha ambientato l’esecuzione del brigante don Bastiano nel film Il marchese del Grillo) – in eccezione al divieto, il Bugatti doveva attraversare il Ponte Sant’Angelo per andare a prestare i suoi servigi.
Questo fatto diede origine all’altro modo di dire romano: “Mastro Titta passa ponte”, a significare che quel giorno era in programma l’esecuzione di una sentenza capitale.”
Il suo mantello scarlatto è conservato nel museo criminologico e le sue performance hanno ispirato film e sono riportate da scrittori inglesi come Byron e Dickens che descrivono le esecuzioni cui hanno assistito nei loro viaggi in Italia.
Le memorie sono state davvero scritte dal Boia?
No, altrimenti non sarebbe appuntato come di Anonimo. Molti ritengono, essendo stato il libro pubblicato dopo la presa di Porta Pia, che siano stati manipolati i suoi veri appunti e resi in forma di racconto in una forma anticlericale, costume molto in voga nel periodo risorgimentale.
Incipit del libro
“Esordii nella mia carriera di giustiziere di Sua Santità, impiccando e squartando a Foligno Nicola Gentilucci, un giovinotto che, tratto dalla gelosia, aveva ucciso prima un prete e il suo cocchiere, poi, costretto a buttarsi alla macchia, grassato due frati.
Giunto a Foligno incominciai a conoscere le prime difficoltà del mestiere: non trovai alcuno che volesse vendermi il legname necessario per rizzare la forca e dovetti andar la notte a sfondare la porta d’un magazzino per provvedermelo.
Ma non per questo mi scoraggiaie in quattr’ore di lavoro assiduo ebbi preparata la brava forca e le quattro scale che mi servivano.
Nicola Gentilucci frattanto, a due ore di notte, dopo avergli rasata la barba e datogli a vestire una candida camicia di bucato e un paio di calzoni nuovi, venne condotto coi polsi stretti da leggere manette, nella gran sala comunale, poiché volevasi dare la massima solennità all’esecuzione, stante la gravità del suo delitto, superiore a qualsiasi altro, trattandosi dell’uccisione di un curato e di due frati.
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La Rete
Mastro Titta raccontato da Enrico Pucci (Scricchetto) a S. Pellegrino di Gualdo Tadino il 23 agosto 2012.
Aldo Fabrizi “Mastro Titta” in Rugantino