Quando nel 1848 il nostro Victor Hugo, indimenticabile autore dei Miserabili, venne nominato Pari di Francia, dal re Luigi Filippo d’Orléans, entrò a far parte, come deputato, dell’Assemblea costituente.
Ma ecco un colpo di scena, tre anni dopo, nel 1851, c’è il colpo di stato che portò al potere Napoleone III.
La recensione di oggi è un tributo all’autore di Notre Dame e della grande storia di Quasimodo il gobbo che per Esmeralda offre la vita. E’ anche un omaggio verso un grande padre della Patria, un patrimonio culturale della Francia, un uomo che si è sempre rivolto alla gente povera con lo sguardo tenero del narratore.
In questo libro inizia il declino politico del nostro autore, che dapprima appoggia l’elezione del giovane Luigi-Napoleone Bonaparte alle presidenziali, poi — quando il nuovo presidente, futuro imperatore, inizia a prendere provvedimenti anti-liberali, quali l’abrogazione della legge elettorale del 1850, riducendo di un terzo gli aventi diritto al voto — ne prende le distanze; inutile sarà il tentativo del Comitato di resistenza repubblicana, di cui fa parte insieme a Schoelcher, per sollevare la popolazione parigina: a Hugo, strenuo difensore di un regime liberale, non resta che attaccarlo con scritti e discorsi contro la miseria e le repressioni, che diventavano nel frattempo sempre più intolleranti.
In questo libro c’è il racconto di queste lotte sociali, attraverso l’attenta matita di uno scrittore che guarda alle sensibilità umane, vengono fuori barricate, proteste, gendarmerie. Tutto quello che appartiene a ogni epoca di grave crisi sociale, di riforme indigeste, di poteri assoluti.
“Il sindaco raccoglie una squadra di guardia nazionale, prende con sé due assessori e i consiglieri comunali presenti e s’incammina verso piazza Reale.
Un rullo di tamburo chiama a raccolta la folla. Moreau annunzia il nuovo gabinetto. Il popolo applaude al grido ripetuto di: — Viva la Riforma! — Il sindaco aggiunge qualche parola per raccomandare l’ordine e la concordia ed è nuovamente applaudito con calore.
— Tutto è salvo! mi dice, serrandomi la mano.
— Sì, rispondo; purché Bugeaud rinunzi ad essere il salvatore!
Ernesto Moreau, seguito dalla sua scorta, se ne va per ripetere la sua proclamazione sulla piazza della Bastiglia e nel sobborgo, e io rientro in casa per tranquillizzare i miei..
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