La soffitta dei libri oggi ospita un personaggio interessante e problematico.
Il titolo non turbi i credenti, in fondo quello che – nel nostro piccolo -, cerchiamo di fare come redazione, è di creare momenti di riflessione, attraverso i libri, sui personaggi dei secoli passati che hanno fatto la storia e la cultura del nostro paese.
Non mettiamo solo libri che ci piacciono, anche perché non sarebbe davvero una piazza libera, per cui ieri era un abate, oggi un filosofo materialista preso, del resto, nel suo momento più duro e puro, con un libro che apre un filone e si inserisce nel panorama mondiale.
Anche se, poi lo vedremo, l’ateo Rensi non c’è davvero.
Giuseppe Rensi è stato un avvocato filosofo di Verona (nato 1871) docente universitario a Genova dove mori nel 1941.
La sua biografia, lo vede dopo la laurea impegnato nel partito socialista a 24 anni e nei moti del biennio rosso (1898) di fine secolo, stroncati dall’esercito dopo la morte del generale sabaudo Beccaris.
Fu costretto a fuggire in Svizzera. Qui si sposò ebbe due figlie di cui una si fece suora, e dopo dieci anni rientrò in Italia assieme a Mussolini.
Ma lui si dissociò dal partito socialista fin dal 1911 per la campagna libica, non fu accanto al giovane Benito, neanche quando questi marciò su Roma e anzi fu un antifascista (nel 1925 sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti)
Una vita piena di fermento culturale ma conobbe il carcere dal quale uscì perché il Duce temeva cattiva pubblicità.
I suoi scritti appartengono alla storia del giornalismo anche politico. Oltre che socialista fu anche massone. Al suo funerale gli amici furono dispersi e schedati.
Il libro di oggi dicevamo appartiene alla sua prima fase, che possiamo dire è tipico anche di fermenti giovanili. Qui troviamo ben espresso il realismo e il materialismo critico, liberamente ispirato, anche con qualche paradosso, al pensiero kantiano.
Questa critica alla religione lui la sostenne fino al 1930. Negli ultimi anni approda verso derive spiritualiste in cui delinea una sorta di mistica dei valori ed un’etica concepita come l’azzardo dell’uomo che scommette sul bene in un universo cieco ed indifferente.
Incipit
“Come un musicista, così un filosofo può talora avere il desiderio di eseguire una sonata su di una corda sola – quella che gli pare più opportuna in date circostanze far udire – e riuscirci; pur conoscendo che altre corde vi sono nel suo strumento che si potrebbero toccare, e pur sapendo, o da sole o unitamente a quella su cui ora svolge il suo motivo, toccare anche quest’altre.
Contro ogni Dio, l’ateismo asserisce e fonda la sua causa con sicurezza incrollabile e trionfale.
La sua causa è una cosa sola con la “ragione”, con la logica, sicché volerla oppugnare è semplicemente insorgere contro le fondamentali leggi logiche del pensiero. È una cosa sola con la mente sana, con la mentalità sviluppata e civile, con la capacità di ragionare correttamente, con la ragione intesa come l’opposto dell’allucinazione o dell’alienazione mentale. Negare l’ateismo è cadere nell’allucinazione, nella pazzia, nella mentalità crepuscolare dei bambini e dei selvaggi, incapaci di distinguere l’è dal non è. Giacché la causa dell’ateismo ha appunto la sua base invincibile nel concetto più elementare: quello di Essere. Stabilito con precisione e chiarezza che cosa è Essere, resone conto a se stessi fuor degli equivoci e del vago, la questione è immediatamente risolta, e l’inconcussa validità dell’ateismo assodata con la medesima inamovibile certezza con cui lo è un teorema di geometria elementare, chi non riconosce la verità del quale è fuori della ragione, è pazzo. Devo scusarmi se la semplice e rigorosa dimostrazione che darò di tutto ciò urterà vivamente i 449
credenti di vario ordine, i negatori d’ogni tinta dell’ateismo; se tale dimostrazione li relega fuori della sfera della ragione……”
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