Luigi Archinti, il nostro autore di oggi, è un milanese del 1825, un secolo che ha dato tantissimo dal punto di vista della letteratura – e la nostra soffitta ne sa qualcosa -.
Lui fu un novelliere, ecco perché lo presentiamo oggi con questo libro dal titolo strano. Prender sonno leggendo racconti, è quello che si fa spesso e si faceva di più prima.
Ora un po’ meno, magari scorrendo il cellulare ci addormentiamo, noi continuiamo imperterriti e in modo ininterrotto a proporre di tutto per aiutare la lettura.
Il nostro fu anche pittore e critico d’arte, un suo quadro, sicuramente l’unico davvero grande è esposto a Berlino.
Conosciuto ai lettori anche con gli anagrammi di Luigi Chirtani e di Luigi Tarchini. Fequentò da prima l’Accademia di Belle Arti di Venezia tra il 1842 e il 1848, poi l’Albertina di Torino (1850); per il resto l’Archinti fu completamente autodidatta.
Partecipò alle battaglie per l’indipendenza fino alla presa di Roma meritandosi la medaglia d’argento al valor militare.
Incipit del libro
Questi i racconti presenti nel libro
1. Un distaccamento in Calabria
2. Gli effetti di un singhiozzo
3. Tu che a Dio spiegasti l’ali
4. Il lascito del comunardo
5. Un duello per un fantasma
6. Il tesoro di Peschio Rossi
7. Il cavallo requisito
Ecco una vera e genuina istoria di briganti della Calabria. Avverto il lettore che dal 1859 in poi gli accessori del vestiario e l’armamento delle bande non è più quello d’una volta; anco i costumi sono in parte cangiati: gli agnus dei gli altarini, le madonne, le reliquie non figurano quasi più tra i briganti.
Difensori dichiarati, a spada tratta, del trono legittimo e dell’altare, han sempre fruito delle benedizioni di madre Chiesa, ma dal 1860 mostrarono, in generale, l’empia debolezza di preferire, quali pur fossero, le immagini improntate sulle monete d’oro e d’argento a quelle benedette; e dacché ha corso la carta, si sono sempre mostrati più teneri del ritratto di Cavour e dello stemma sabaudo, inciso sui biglietti, e delle firme del censore, del cassiere e del reggente della Banca, che non delle figure dei santi, e delle giaculatorie stampate appiè delle immagini diffuse da frati e monache, per la propagazione del culto del Sacro Cuore.
Aggiungo che la loro empietà giunse a tale, che, mentre si son sempre valsi della protezione de’ preti, si son visti morire spesso da liberi pensatori, senza sacramenti, e dare sul capo al buon fraticello che volea confessarli, il crocifisso che dovea commoverli a pentimento. Anche sotto questo aspetto …
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